TITOLO: La Ragazza del Dipinto
COLLANA: Newton Comtpon 3.0
PREZZO (CARTACEO): 9,90 €
PREZZO (EBOOK): 4,99€
TRAMA: «Magnificamente narrato. E con un finale da togliere il fiato. Un esordio perfetto.»
Vienna, 1939. Mentre lo spettro della guerra terrorizza l’Europa, i genitori di Rose Zimmer cercano disperatamente un modo per lasciare l’Austria. Non riuscendoci, decidono di salvare almeno la loro giovane figlia. Rose viene così affidata a degli sconosciuti e portata in Inghilterra. Sei anni più tardi, quando la guerra è finalmente terminata, Rose tenta di ricostruire la propria vita devastata: si mette quindi alla ricerca di un quadro di Soutine, appartenuto alla madre, e al quale la donna era legatissima. Dopo essersi trasferita a Los Angeles e aver trascorso lì la propria vita, Rose si imbatterà nuovamente nelle tracce di quel dipinto, diventato per lei quasi un’ossessione, e in Lizzie Goldstein, che ne è entrata in possesso dopo di lei. Tra Lizzie e Rose nasce un’amicizia inaspettata, destinata però a interrompersi bruscamente quando le due donne si troveranno di fronte a una verità dolorosa: un segreto che ha a che fare con il quadro di Soutine e che è rimasto nascosto per tanti anni… Una prosa cristallina per una storia che parla di nostalgia, dolore, perdita e perdono.Tra passato e presente sulle tracce di un quadro che unisce i destini di due famiglie
La Ragazza del
dipinto rientra nella categoria dei libri difficili da giudicare, un romanzo
che non è né bianco né nero, una lettura che non mi ha totalmente conquistata
ma che, col senno di poi, nemmeno mi è dispiaciuta. Tutto parte da una
copertina molto bella, e da un titolo fuorviante: si chiama La ragazza del
dipinto ma il quadro in questione, un'opera fittizia di Chaïm Soutine, ritrae
un uomo, un fattorino precisamente, e questa tela, protagonista di varie
vicissitudini a cavallo del Novecento, finirà per unire le vite di due donne,
Rose, sopravvissuta alla seconda guerra mondiale, e Lizzie, giovane avvocatessa
americana che ha appena perso il padre.
A mio avviso la
storia, più che sulle vicende, mette l'accento sulle due protagoniste, due
donne gli antipodi: Rose, forte, temprata, dal carattere un po' chiuso, un po'
burbero e Lizzie, figlia di papà, avvocatessa ma smarrita, in attesa di trovare
se stessa. Qui si notano le qualità dell'autrice, che ha saputo creare due
personaggi vivi, palpabili, forse non le solite protagoniste che attirano le
simpatie del lettore fin dalla prima pagina, ottimiste e sempre col sorriso
sulle labbra, ma due donne vere, che non sempre risultano gradevoli (anzi
talvolta le ho trovate insopportabili) ma con una personalità davvero
sfaccettata. Per questo motivo, accanto a loro i personaggi secondari appaiono
appena abbozzati, quasi sbiaditi: molto probabilmente l'autrice ha preferito
concentrarsi su Rose e Lizzie, lasciando che coloro che le circondano risultino
delle comparse, descritte solo superficialmente. Il lungo arco di tempo coperto
dalla storia, inoltre, non aiuta: infatti conosciamo Rose alla fine degli anni
'30 e la seguiamo fino agli anni 2000, molti degli eventi della sua vita e
delle persone che ha conosciuto sono descritte in poche righe, e diversi altri
punti vengono lasciati un po' in sospeso. Capisco che, ai fini della trama
principale, molti dettagli siano superflui, ma questi continui salti temporali
mi hanno lasciata leggermente confusa. I capitoli dedicati a Lizzie,
concentrandosi solo in due anni, dal 2006 al 2008, soffrono meno di questo
problema, ma anche qui l'autrice ha concluso diverse vicende che riguardano la
ragazza in maniera a dir poco frettolosa. Persino l'intera faccenda del
Fattorino non mi ha convinto pienamente, in quanto a mio avviso, sfruttata
male: la scomparsa del quadro è il collante fra le due storie, è vero, ma non
le lega mai veramente; rimane più che altro un punto interrogativo sullo sfondo,
pronto ad essere tirato fuori nei momenti di calo narrativo. Non c'è mistero,
non c'è tensione che possa appassionare il lettore: la storia del quadro è solo
un riempitivo tra una crisi di Rose e una di Lizzie.
Quadro di Soutine, simile al fattorino del romanzo |
Sullo stile invece
non ho niente da dire. All'inizio ho fatto un po' fatica ad abituarmi ai lunghi
periodi in terza persona, ma alla fine devo dire che questa scelta narrativa si
è rivelata la migliore, perché meglio è riuscita ad esprimere l'atmosfera della
storia.
Una nota positiva
va alle ricerche dell'autrice: spesso nei corsi di scrittura viene detto
"scrivi di ciò che sai" e "informati di ciò che scrivi",
ma, all'atto pratico, non sono molti gli autori che lo fanno. Come scrive in
una nota, invece, Ellen Umanksy ha approfondito i vari aspetti dell'opera che
ha scritto, dalle caratteristiche della pittura di Soutine, che vengono
condensate nel ritratto fittizio del Fattorino, fino alla storia dei
Kindertransport, i treni che trasportavano in Inghilterra i piccoli ebrei dai
paesi occupati dai nazisti. L'autrice ha saputo inserire questi argomenti al
meglio nel suo romanzo, con estrema naturalezza, senza eccedere nei dettagli,
in quanto non si tratta certo di un'opera di saggistica, ma rendendo le vicende
narrate più credibili.
In conclusione la
mia valutazione è di tre stelline con un più. La ragazza del dipinto è stata
una lettura diversa dalle solite, non certo perfetta, ma che, nel complesso, mi
ha lasciato un'impressione positiva. Avrei preferito un'impostazione diversa,
con più pathos? Forse, ma ciò non toglie che Ellen Umansky sia un'autrice
interessante, da tenere d'occhio.
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