mercoledì 31 marzo 2021

Review Party: Di luce propria - Raffaella Romagnolo

Buongiorno. Seconda recensione di questa fine marzo. Passiamo a un'autrice italiana e a un romanzo storico fortemente intriso di realismo magico: parliamo del nuovo libro di Raffaella Romagnolo, Di luce propria, in uscita per Libri Mondadori. 


TITOLO: Di luce propria  
AUTORE: Raffaella Romagnolo
COLLANA: Libri Mondadori  
PREZZO (CARTACEO): 18,00€
PREZZO (EBOOK): 9,99€ 
TRAMA: «Me. Scegli me.» In fila con gli altri, Antonio Casagrande sa che la sua preghiera muta non troverà ascolto. Scelgono sempre qualcun altro. È stato così per gli undici anni che ha trascorso al Pammatone, l'orfanotrofio genovese che lo ha accolto appena venuto al mondo, il 13 giugno 1855. E non c'è dubbio che sia per quella pupilla color perla. Chi vorrebbe un bambino difettoso? Invece un bel giorno succede. «Lui» indica l'omone grondante di pioggia che gli sta davanti. Gli serve un apprendista, poche storie. Nella bottega di Alessandro Pavia, Antonio impara quel che gli servirà a stare al mondo: la magia dell'alfabeto, la passionaccia per la politica, l'amore per la giustizia e soprattutto la nuovissima arte della fotografia. Misture alchemiche, carta albuminata e la luce, la cosa più importante. Il resto glielo spiega madama Carmen, tenutaria di bordello con il cuore spezzato e un gran talento per gli affari. Sono tempi decisivi, quelli, e anche Pavia ha una missione: la folle, visionaria impresa di ritrarre uno per uno i Mille che con Garibaldi fecero l'Italia. A Borgo di Dentro, un pugno di case sulle colline piemontesi, ne ha scovati addirittura quattro. Proprio lì, in un giorno di festa, Antonio scopre il suo potere: liberato dalla benda, potenziato dall'obiettivo della macchina fotografica, l'occhio cieco vede ciò che nessuno può vedere, il destino, l'ineluttabile. È un dono, forse. Secondo Antonio, una maledizione. Sullo sfondo, l'Italia è appena nata e l'orfano del Pammatone si fa uomo attraversando i momenti che trasformano un paese straccione e inconsapevole in una nazione. In mezzo a una folla in rivolta per il pane, Caterina, libera e coraggiosa, lo prende per mano e lo aiuta a capire, mentre le sue visioni si fanno sempre più caotiche e terribili. L'occhio cieco nel mirino, Antonio vede ciò che nessuno vorrebbe vedere, il fango delle trincee nello sguardo dei giovani che inneggiano alla guerra, la fine di chi amiamo. Feroce e implacabile, la morte non smette di sfidarlo. Finché Antonio Casagrande raccoglie la sfida. Raffaella Romagnolo ci regala un romanzo civile e intimo al tempo stesso, che assorbe tutti i colori del mondo e ne restituisce la luce.


Un obiettivo per il 2021 è quello di espandere il mio orizzonte letterario. Di luce propria, di Raffaella Romagnolo, è un libro fuori dalla mia confort zone: si tratta infatti di un romanzo storico, seppur con un tocco di realismo magico, incentrato sul tema della fotografia. 
La storia, che ricopre l'arco temporale della vita di un uomo, dall'Unità d'Italia alla Prima Guerra Mondiale, racconta di Antonio Casagrande, abbandonato in fasce in un orfanotrofio per colpa di un occhio cieco, che viene adottato da un fotografo che cerca un assistente e che lo introdurrà alla nobile arte della fotografia, all'epoca ancora agli inizi. 
Antonio non solo dimostrerà talento ma anche una strana capacità, legata proprio a quel suo occhio dalla pupilla bianca, che lui chiama "occhio pazzo": poggiando infatti il suo occhio malato sull'obiettivo il protagonista riceve delle visioni riguardanti il momento della morte della persona inquadrata. 
Il libro, ve lo dico chiaramente, nella prima parte mi stava annoiando a tal punto che meditavo di abbandonarne la lettura. Un po' perché facevo fatica a sentirmi coinvolta da Antonio, un po', come già sapete, non apprezzo i capitoli molto lunghi e Di luce propria non ha capitoli, ma è suddiviso in parti sulla base dei vari periodi del protagonista: c'è dunque una parte ambientata durante l'infanzia, una nella giovinezza, la maturità e la vecchiaia. 
La parte dedicata all'infanzia è quella che mi è piaciuta meno. Non riuscivo ad entrare in empatia né col protagonista, né con i suoi amici dell'orfanotrofio, e non riuscivo a capire come l'autrice avrebbe sviluppato la storia, anche perché di trama ne vedevo poca. 
Tuttavia, nonostante ciò, ho deciso di proseguire la lettura... e ho fatto bene.
La narrazione infatti migliora quando l'autrice fa entrare in scena due personaggi femminili che mi hanno conquistata. La prima in ordine di entrata è Madama Carmen, la tenutaria di un bordello che si affeziona ad Antonio, incaricato di fotografare tutte le sue ragazze. Carmen è un personaggio che, a prima vista, sembra la macchietta comica del libro, ma in realtà è molto più sfaccettato: complice anche un passato umile, la donna ha esercitato il suo fiuto per gli affari fino a garantirsi una vita, e un nome, da signora, tuttavia non ha mai dimenticato da dove viene, né tantomeno Antonio, che aiuterà per tutta la sua vita. Si tratta dunque di un personaggio ben caratterizzato, che parte da uno stereotipo e lo sviluppa fino a renderlo non solo originale, ma anche una delle colonne portanti del romanzo stesso.
La seconda protagonista è Caterina, una levatrice che incontra Antonio durante una delle scene più drammatiche del romanzo, durante gli scontri a Milano. Anche Caterina è una donna moderna con un passato ingombrante alle spalle, e quelle che raccontano la nascita e la crescita del suo rapporto con Antonio sono forse le parti più belle del libro, romantiche senza scadere nel melenso.
Per quanto riguarda la scrittura devo dire che il romanzo è scorrevole, anche se, a mio avviso, la prima parte della storia, e forse un po' anche il finale, non sono all'altezza dei capitoli centrali. 
Ho fatto fatica a entrare nel mondo di Antonio e del suo occhio pazzo dalle strane capacità, complice anche una narrazione in terza persona, ma una volta entrata non sono più riuscita ad uscirne.
Certo, avrei preferito una struttura più tradizionale, con la suddivisione in capitoli oltre che in parti (oppure con capitoli più brevi, a seconda di come la si interpreta) ma, per fortuna, la scrittura della Romagnolo ha reso la lettura abbastanza leggera e godibile. Dopotutto, Di luce propria è un romanzo abbastanza breve che non arriva nemmeno a trecento pagine. 
Dunque la mia valutazione è di tre stelline e mezzo. Di luce propria è un buon romanzo italiano che migliora pagina dopo pagina: per fortuna non ho abbandonato la lettura dopo pochi capitoli, altrimenti mi sarei persa una gran bella storia. 


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