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mercoledì 28 ottobre 2020

Recensione: Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina - Laura Lanza

Ciao a tutti! La recensione di oggi è stata difficile da scrivere perché Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina di Laura Lanza è stato un romanzo che mi è piaciuto ma che, al tempo stesso, a mio avviso presenta un grande problema. Certo, c'è da dire che un certo Andrea Camilleri di quel "problema" ha fatto un vero e proprio punto di forza e che milioni di italiani si leggono tranquillamente i romanzi di Montalbano, ma... ma non aggiungo altro. Leggete la recensione! 


TITOLO: Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina
AUTORE: Laura Lanza 
COLLANA: Astoria 
PREZZO (CARTACEO): 16,00€   
PREZZO (EBOOK): 8,99€ 
TRAMA: Donna Francesca Savasta, detta Ciccina, è una ragazza del popolo, semplice, forse ignorante ma sicuramente rivoluzionaria nella sua infinita saggezza e concretezza. Fa la levatrice in uno sperduto paesino dei monti Iblei, e interpreta il suo ruolo in modo molto personale, prodigandosi per “sistemare” al meglio la vita di inesperte e povere puerpere e dei bambini abbandonati nella ruota degli esposti. Tutto questo secondo una perfetta legge morale, la propria.
Tra briganti che non sono davvero cattivi, parroci non proprio fedeli al voto di castità, vendette di paese, omicidi e sparizioni, un romanzo originale, permeato da una sottile ironia e caratterizzato da una sapientissima orchestrazione degli eventi, grande cura della lingua e conoscenza profonda del periodo storico in cui si svolge la vicenda.


Donna Francesca Savasta, intesa Ciccina è stata una lettura che mi ha lasciata parecchio perplessa, a partire dal titolo. 
Leggendo infatti la quarta di copertina, nonché il titolo stesso, mi ero fatta un'idea di Ciccina superstar, protagonista assoluta di una storia divertente ambientata nella Sicilia dell'Ottocento, dispensatrice di saggezza e di atteggiamenti anticonformisti, ma, in realtà, Donna Francesca Savasta è solo uno dei tanti personaggi che popolano questo libro, breve in lunghezza ma ricco di episodi narrati. 
Questo romanzo, infatti, non si concentra solo sulla storia di una levatrice soprannominata Ciccina, quanto piuttosto su quella di un'intera comunità: il paesino di Monteforte, una realtà siciliana isolata e anche un po' arretrata, popolata da una vasta gamma di personaggi tipici dei romanzi storici ambientati in questo periodo, dai nobili locali ai briganti, alle giovani ragazze vittime di un matrimonio combinato, dalla moglie di un ricco possidente locale, arguta ma di bassa estrazione sociale, agli artigiani, alle vedove,alle povere persone di paese. 
Nonostante il titolo del libro, il protagonista in realtà è Don Peppino Gallo, il nipote di un ricco palermitano che, presi i voti, viene spedito alla chiesetta di Monteforte come parroco: qui, in seguito a un tornado che ha devastato la sua chiesa, incontra una giovane Ciccina, ragazza sola al mondo ma di carattere forte, e se ne innamora a prima vista, venendo meno ai propri voti di castità. Ciccina ha un modo suo di vedere il mondo, e, per rendere felici le persone vicino a lei, è pronta anche a sfidare le convenzioni sociali, sviluppando soluzioni creative ai problemi che affliggono la comunità e mettendo in imbarazzo Peppino che, al tempo stesso, deve preoccuparsi che in paese non si scopra la sua relazione con la donna. 
Ho apprezzato la storia che, in realtà, altro non è che una raccolta di episodi della vita di paese spalmati lungo l'arco di vent'anni. Alcuni eventi mi hanno fatto sorridere, altri mi hanno pensare, altri ancora... non li ho compresi appieno, complice il fatto che il romanzo è scritto in una commistione di italiano moderno e siciliano. 
Infatti, vi confesso che non ho apprezzato lo stile dell'autrice. La scrittura di Laura Lanza mi ha ricordato parecchio quella usata da Andrea Camilleri nei romanzi di Montalbano: quel misto di italiano e dialetto siciliano che, se da un lato imprime una forte impronta realistica alla storia, dall'altra la rende, soprattutto in alcuni passaggi, di difficile comprensione, specie a chi, come me, non riesce a comprendere nemmeno il dialetto della propria terra. Per fortuna l'autrice fornisce a fine libro un glossario che raccoglie i termini più insoliti ma vi confesso: i primi capitoli sono risultati faticosi da leggere, nonostante, con procedere della storia, abbia fatto l'abitudine allo stile della Lanza e questo mi abbia facilitato la lettura. 
Ciò non toglie che quella dell'autrice sia una scelta di scrittura che non solo può piacere o non piacere, ma che può rendere difficoltosa la lettura ai non autoctoni. E non è un caso che io non abbia letto nessun romanzo di Montalbano: una simile osservazione infatti la posso applicare anche alle opere di Camilleri, autore di cui sono riuscita a leggere solo i libri scritti interamente in italiano.
Dunque, a malincuore, la mia valutazione è di sole tre stelline. Di Donna Francesca Savasta ho apprezzato la trama, i personaggi e l'ambientazione: se fosse stato scritto in maniera tradizionale avrei dato sicuramente una valutazione più alta. Ma non posso negarvi che il primo impatto con il libro non è stato semplice e che, al termine della lettura, sono rimasta con l'idea che la storia avrebbe reso meglio scritta con un italiano, magari più ottocentesco, ma accessibile anche ai lettori della Valle d'Aosta. 

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