giovedì 24 settembre 2015

Il Giro del Mondo in 80 Libri #8: Danimarca

Salve. Ritorna dal dimenticatoio la rubrica che ci porta in giro per il mondo! Lo confesso, il post è pronto da un bel po', ma dato che quest'estate ho postato recensioni a gogò, ho preferito aspettare prima di ricominciare. Inoltre volete mettere, almeno dalle mie parti, il tempo di oggi: la pioggia e il vento fanno proprio pensare all'Europa del Nord!


TITOLO: Il Senso di Smilla per la Neve
AUTORE: Peter Høeg
COLLANA: Mondadori 
PREZZO (CARTACEO): 10,00
TRAMA: Per la polizia non ci sono dubbi: è stato un incidente. Il piccolo Esajas correva sul tetto innevato quando è caduto, precipitando nel vuoto. Ma Smilla non è convinta: lei viene dalla Groenlandia, la neve la conosce bene, e ora quelle impronte le dicono chiaramente che non si è trattato di un incidente... Mentre Copenaghen si prepara a celebrare il Natale, Smilla inizia a indagare, trovandosi pericolosamente a confronto con una serie di inquietanti personaggi, coinvolta in un'indagine destinata a portarla lontano, in viaggio su una nave la cui meta misteriosa è un punto deserto della calotta polare. Perché là, fra quei ghiacci che conosce, teme e rispetta, è nascosta la verità che Smilla cerca. La verità che forse, inconsciamente, ha sempre saputo...


Può un libro piacere e non piacere al tempo stesso? Certo che può capitare! Credo che sia quello che sia successo a me con Il Senso di Smilla per la Neve di Peter Høeg: mi è piaciuto? Diciamo di si, nel complesso mi ha affascinato. Non mi è piaciuto? Altrettanto, devo anche ammettere che, a tratti, mi ha annoiato.
Devo dire, infatti, che in questo caso la pesantezza del romanzo non aiuta: avevo già provato a fronteggiarlo una volta, qualche anno fa, quando ero fissata con i gialli nordici, ma il primo centinaio di pagine mi era sembrato un ostacolo insuperabile, che mi aveva spinto a interrompere la lettura.
Questa volta però mi sono messa di buona lena: avevo intenzione di terminarlo e così ho fatto, ma non per questo le quasi cinquecento pagine di questo romanzo non mi sono pesate. Certo, col senno di poi, alla fine si è rivelato un libro molto interessante, con un caso potenzialmente appassionante degno di un poliziesco, che a sprazzi ha saputo veramente coinvolgermi. Nel resto del tempo... Beh, qualche sbadiglio c'è stato.
Procediamo con ordine.
L'unico vero personaggio del romanzo è la protagonista, Smilla, che narra la sua storia in prima persona. Su di lei non c'è niente da dire: uno dei migliori personaggi di cui abbia letto, sarcastica, intelligente, antipatica al punto giusto (dove "antipatica" per me è una concezione positiva).
L'ho adorata nella sua difficoltà di rapportarsi agli altri, che tuttavia non le ha impedito di amare a modo suo Esajas come un figlio suo, e nella sua complessa lotta interiore tra l'infanzia groenlandese e la sua vita danese. L'unica sua pecca era la tendenza, come narratore, a fare lunghissime digressione nei momenti meno opportuni: insomma, si è in un climax di tensione e il capitolo dopo inizia con una lunghissima spiegazione di come si formano gli iceberg nella Groenlandia occidentale...
Gli altri personaggi restano immersi nella nebbia, rispetto alla brillante caratterizzazione di Smilla. Si distinguono solo il meccanico, che aiuta Smilla nel bisogno ma, in realtà rimane un individuo misterioso e ambiguo, e il piccolo Esajas, una presenza costante nei flashback della protagonista, la cui morte da inizio al romanzo.
L'ambientazione è forse l'elemento che ho preferito del romanzo: l'autore ha reso i luoghi talmente vividi che mi sembrava di essere a fianco di Smilla, prima a Copenaghen, nel freddo inverno danese, e poi in Groenlandia, in un ambiente ancor più freddo e molto ostile, ma molto ben descritto.



Difatti la Groenlandia ricopre un ruolo essenziale all'interno del romanzo: la protagonista ricorda spesso episodi della sua infanzia vissuta a Qaanaaq, uno dei centri abitati più settentrionali del mondo, ed è stato interessante per me vedere episodi di vita completamente estranei al mio modo di vivere. Ciononostante, la presenza continua di flashback e riflessioni tende a rallentare ulteriormente il ritmo di un romanzo che non spicca certo di velocità.
E lo stile dell'autore, in questo caso, non aiuta.  
Høeg scrive benissimo. Non ci sono dubbi. Tuttavia si tratta di uno stile particolare, lontano dall'essenzialità dei romanzi a cui sono abituata. Non è una critica: ho amato il suo uso della lingua, ma in certi capitoli viene a meno la scorrevolezza del testo, e il risultato è stato che ho impiegato molto tempo a terminare il libro, senza peraltro godermelo troppo.
In conclusione la mia valutazione è di tre stelline e mezzo per un romanzo particolarissimo che ricorderò non solo per una protagonista che ho amato e per un'ambientazione particolare e molto gelida, ma anche per una pesantezza che sono riuscita ad affrontare. 

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